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Tutte le rivelazioni degli arabi: "Così l'Italia paga i tagliagole" PDF Stampa E-mail
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Notizie - Italia
Martedì 13 Ottobre 2015 07:47

Un documentario di Al Jazeera, pubblicato ieri per intero, svela come il nostro governo sia in prima fila per pagare la liberazione dei propri concittadini rapiti. Ma punta anche il dito contro il ruolo ambiguo giocato da Paesi arabi come il Qatar

Giovanni Masini - ilgiornale.it

Appena quattro giorni fa la tv qatariota Al Jazeera pubblicava il promo di un documentario, The Hostage Business, che si preannunciava esplosivo.

Sei mesi di indagini sulle trattative tra terroristi islamisti e governi di mezzo mondo per la liberazione degli ostaggi occidentali rapiti dai jihadisti. Ieri è stato pubblicato l'intero documentario. Quarantasette minuti di fimato in cui vengono presi in esame dodici casi: quattro sono italiani.

Il rapimento di Pelizzari
Anzitutto il caso di Bruno Pellzzari e della sua fidanzata Debbie, rapiti dai pirati somali nel 2010 e liberati solo dopo due anni, al tempo del governo Monti. All'epoca ci venne detto che i due erano stati strappati dalle mani dei terroristi grazie a un ardito blitz delle forze speciali somale, fiancheggiate dagli occidentali. Al Jazeera, a tre anni di distanza, non ha paura di dire che quella fu una bugia. Per diciotto mesi la famiglia di Pelizzari, allora residente in Sudafrica, venne lasciata sola. Il governo di Pretoria non intendeva trattare con i rapitori. Quindi l'intervento del governo italiano e di un misterioso "Marco", probabilmente un agente dei servizi.

Marco contatta via Facebook la sorella di Pelizzari, dice di volerla aiutare. Al Jazeera accusa esplicitamente le autorità del nostro Paese di aver pagato per la liberazione di Pelizzari e della fidanzata. Da quando è entrato in scena Marco, in effetti, le trattative hanno subìto un'acceleazione improvvisa, risolvendosi nel giro di tre mesi e grazie al pagamento di un riscatto di poco più di mezzo milione di dollari. Per i media viene imbastita una versione alternativa che non convince quasi nessuno.

Il caso Quirico
La storia si ripete per il rapimento del giornalista de La Stampa Domenico Quirico e del collega belga Pierre Piccinin da Prata, sequestrati in Siria dall'aprile al settembre del 2013. Al Jazeera intervista Mu'taz Shaklab, ex politico siriano e poi intermediario tra Italia e rapitori: egli racconta di essere stato invitato all'ambasciata italiana in Libano, per incontrare rappresentanti dei nostri servizi. Anche stavolta c'era un problema con un governo straniero - quello belga - che non era disposto a pagare i terroristi.

L'Italia, secondo Al Jazeeera, avrebbe pagato non solo per Quirico, ma anche per Piccinin. Addirittura avrebbe pagato anche solo per avere informazioni sullo stato di salute dei due. Shaklab testimonia di aver assistito personalmente al passaggio del denaro (quattro milioni di dollari, ndr), il giorno della liberazione dei due giornalisti. Il governo italiano non ha voluto replicare alle domande di Al Jazeera.

Greta Ramelli e Vanessa Marzullo
Liberate a gennaio 2015 dopo mesi di prigionia in Siria, le due cooperanti lombarde con ogni probabilità sono state sequestrate da gruppi vicini ad Al Nusra. Al Jazeera mostra le foto del contante che sarebbe stato pagato ai terroristi per la loro liberazione, nonostante il governo italiano abbia sempre negato ogni addebito.

Come si comportano gli Usa?
Molto interessante è poi l'analisi dedicata alla politica statunitense in materia di riscatti. La linea ufficiale è chiara: "no ransom, no payment", niente riscatti e niente pagamenti. Fu questa, si dice, la linea adottata nel caso di James Foley, ucciso dall'Isis ad agosto dello scorso anno.

Ma lo Stato Islamico, come confermano anche ex membri dell'Fbi, era ed è probabilmente più interessato alla visibilità mediatica che al denaro sonante. A differenza di altre formazioni islamiste.

C'è un caso da analizzare con cura: quello del giornalista Usa Peter Theo Curtis, l'unico ostaggio americano rapito in Siria e liberato con successo dalle mani di Al Nusra. La madre di Curtis sostiene di essere stata aiutata da David Bradley, proprietario dell'impero editoriale di Atlantic Media. Bradley sarebbe andato due volte in Qatar (lo stesso Stato in cui, giova ricordarlo, ha sede proprio Al Jazeera) nel corso del 2014 per tentare una mediazione. Una funzionaria del governo di Doha, intervistata, confessa che lo Stato del Golfo riceve spesso richieste di mediazione: "a volte vanno a buon fine, a volte no".

Quando il cronista le chiede come si possa ottenere gratuitamente la liberazione di un ostaggio per cui erano stati chiesti 20 milioni a un'organizzazione spietata come Al Nusra, lei risponde soave che dipende dall'abilità di chi conduce le trattative.

C'è infine il sospetto - che per qualcuno è una mezza certezza - che quello italiano non sia il solo governo europeo ad intavolare trattative sotterranee con i rapitori. È preoccupante, però, non solo che con i casi elencati sinora milioni di euro siano finiti nelle tasche dei terroristi, ma che l'incapacità di tenere segrete queste transazioni possa spingere sempre nuovi gruppi criminali ad intraprendere il business criminale ma lucroso dei rapimenti.

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Ultimo aggiornamento Martedì 13 Ottobre 2015 14:52
 

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