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Notizie - Interviste
Venerdì 10 Aprile 2015 21:16

A lato: Immagine istituzionale dell’ambasciatore d’Italia a Bucarest, Diego Brasioli. (Fonte: Internet)

“Ripescaggio della memoria” con l’attuale ambasciatore d’Italia a Bucarest, Diego Brasioli,
nato a Roma ma con profonde radici veronesi – Figlio d’Alfredo, noto pittore ed illustratore
trapiantato negli Anni Cinquanta dalla città scaligera nella capitale, ha inanellato un prestigioso curriculum istituzionale, come quello di console generale a Los Angeles (California, Stati Uniti) – 
Il contatto rinverdito dopo decenni e l’intervista sui rapporti bilaterali Italia-Romania

Servizio e foto di Claudio Beccalossi

La voglia di rituffarsi nel passato, anche il più lontano, spesso si deve a strane coincidenze. Casuali. Come l’ascoltare alla radio la recensione d’un libro scritto da un nome familiare o lo “scoprire” in Internet il ruolo attuale della stessa persona proveniente da brandelli di vissuto comune. Il… ripescaggio d’un amico d’infanzia è iniziato più o meno così, propiziato da una mia e-mail a S. E. l’attuale ambasciatore d’Italia a Bucarest (Romania), Diego Brasioli.

Nato a Roma nel 1961 ma con radici veronesi da parte di genitori, zii, cugini e nonni. Infatti, oltre ad avere, con eventuali parenti materni, ancora la famiglia di zio Raffaello (fratello del padre) a Verona, nel cimitero periferico di Borgo Roma riposa il nonno paterno Sereno Brasioli (21 ottobre 1902 – 10 settembre 1970) mentre nel cimitero monumentale ha la nonna (sempre di parte paterna), Nella Maria Nosè vedova Brasioli (9 luglio 1905 – 4 febbraio 1991). Nonna tumulata un paio di spazi sopra il cugino dell’ambasciatore, Simone, figlio di Raffaello, vittima ad appena 8 anni d’un maledetto investimento stradale. Ancora per un fatale gioco del destino, i resti di nonna e cuginetto di Diego stanno quasi di fronte a quelli di mio cugino Umberto Beccalossi, a sua volta morto per un incidente sul lavoro il 10 luglio 1980, a 21 anni d’età.
 


Il loculo nel cimitero di Borgo Roma (Verona) di Sereno Brasioli, nonno paterno dell’ambasciatore Diego

Come si ricava dal sito dell’ambasciata stessa (www.ambbucarest.esteri.it), dopo essersi laureato all’Università “La Sapienza” nel 1985, Brasioli, ha avviato la propria carriera diplomatica nell’86 con missioni presso la ambasciate d’Italia in Pakistan ed in Giordania, nel periodo 1988-1995. Tornato a Roma, ha prestato attività nell’Ufficio Medio Oriente e Mediterraneo della Direzione Generale per gli Affari Politici della Farnesina. Tra il 1999 ed il 2007 è andato in Libano, nell’Ambasciata d’Italia a Beirut, per poi assumere funzioni di console generale a Los Angeles, in California (Stati Uniti d’America). Dal 2007 al 2010 ha retto l’Ufficio del Ministero degli Esteri responsabile dell’agenda politica del G8, dell’antiterrorismo e della lotta alla criminalità organizzata. Negli anni 2010-2012 è stato presidente del Comitato Interministeriale per i Diritti Umani e nel febbraio 2013 ha varcato la soglia dell’Ambasciata d’Italia a Bucarest, in Str. Henri Coanda 9.



La sede dell’Ambasciata d’Italia a Bucarest. (Fonte: Internet)

Alla c.a. di S. E. Ambasciatore Diego Brasioli.
Mi permetto di disturbarla via e-mail dopo aver ancora una volta appurato, tramite canali informativi su Internet, ampi e prestigiosi stralci di carriera diplomatica in varie sedi prima del suo insediamento a Bucarest. Forse non si ricorderà di me o forse sì: le vie della memoria sono strane, tortuose, a volte fallaci o luminose di tratti quasi esaltanti. Sono Claudio Beccalossi ed abitavo (dalla nascita, fino al mio primo matrimonio, nel giugno 1983) in via Legnago dapprima n° 10 e poi n° 28 (lo stesso indirizzo che per meccanismi civici ha avuto un cambio di numero), in Borgo Roma, a Verona. La stessa vecchia casa in cui abitavano i suoi cari nonni, Sereno e Maria, assieme ai figli Alfredo, Renato e Raffaello. Alfredo, suo padre, si trasferì a suo tempo da Verona a Roma (seguito dal fratello Renato) per seguire le sue giuste ambizioni in campo artistico (pittura, disegno, illustrazioni, fumettistica). Rammento (e, spero, che conservi qualche flash di quei momenti) quando lei ed i suoi genitori venivate in visita dai nonni paterni e materni a Verona. Abbiamo anche giocato insieme talvolta e di lei trattengo dentro l'immagine di bambino educato, sensibile, gentile, ben disposto nei miei confronti nonostante i 4 anni di differenza d'età. Di suo padre Alfredo (nato a Bovolone il 9 maggio 1935), poi, ho lontane sensazioni di giudizi su alcune mie “croste” su legni che avevo sottoposto alla sua attenzione ed alle quali lui aveva attribuito, con diplomazia pari certamente alla sua, “valori” di personale poesia. Poi, in tarda adolescenza, quando iniziai a scrivere mie osservazioni su “Il Piccolo Missionario”, Alfredo illustrò un mio intervento con una sorta di “ritratto a memoria” di come fossi stato fisicamente io, già ad anni dai nostri ultimi incontri. Anni che poi si sono accumulati, talvolta accartocciati, dietro alla mia "vecchia" passione per la scrittura, il giornalismo, i reportages, la narrativa e la poesia, collaborando per una lunga serie di quotidiani, giornali e testate, anche online. Anni fa, dopo aver avuto il numero di telefono di suo padre da un redattore (non rammento se de “Il Piccolo Missionario” o di “Nigrizia”), contattai telefonicamente suo padre perché potesse concedermi un’intervista sulla sua attività partita da Verona e lui, dopo avermi chiesto il tempo di pensarci su, ad un mio successivo dialogo mi rispose di non essere interessato alla proposta. Si ricordò comunque di me e dei tempi veronesi e, quello, rappresentò già, per me, un positivo risultato. Non so come stiano i suoi genitori, spero bene... E spero che lei possa e voglia concedermi l'opportunità di un’intervista (anche breve) via e-mail (in attesa d'un auspicabile incontro diretto), imperniata non solo sul suo specifico diplomatico e consolare ma pure sul suo risvolto letterario quale autore di opere di narrativa (mi risultano "Il caffè di Tamer" e "Le stelle di Babilonia" ma forse le mie fonti sono parziali).

 

 
   Il caffè di Tamer (2002), Ugo Mursia Editore (prefazione di Ettore Mo). Si tratta delle vicende dell’ebreo Dori Goldman e del suo amico arabo Tamer Hammoud, titolare d’un locale privo di nome ed insegna negli antichi vicoli di Gerusalemme. Un ritrovo di pace chiamato da tutti “Il caffé di Tamer”.
 
 Stelle di Babilonia (2007), Ugo Mursia Editore (prefazione di Gino Strada). Non c’è rispetto per l’immunità diplomatica e, in guerra, il sentore del sangue, il silenzio dopo un bombardamento, lo smarrimento d’un padre, le implorazioni laceranti d’un bimbo penetrano nella marsina e vanno dritto all’anima. Per rimanervi impresse, indelebili. Succede che un diplomatico di carriera diventi in parallelo anche un narratore di episodi marginali vissuti da infelici senza nome rifiutati dai libri “importanti”. Vicissitudini che possono accadere sotto “le stelle di Babilonia” come a Beirut, a Kabul, a Los Angeles e riportate da un diplomatico cosciente e sensibile delle ferite e del dolore altrui. Premio Gaeta per la Letteratura di viaggio e d’avventura 2007.
 


Se mi darà il benestare, mi permetterò d'inviarLe qualche domanda per un articolo dopo i vari pubblicati nel corso di mie varie permanenze a Bucarest negli Anni Novanta (con contatti ed interviste presso il Consolato e l'Ambasciata italiane, nella Nunziatura Apostolica, all'epoca in cui era presente mons. Mario Zenari, originario di Villafranca di Verona). Con questo mio "affacciarmi" da intruso tra i suoi gravosi impegni sono comunque ottimista e confido nella sua pazienza e lettura. Attendo una sua gradita risposta a questi "spicchi di passato comune" e le formulo le mie congratulazioni per la sua carriera.
Claudio Beccalossi

E la replica m’è pervenuta, anche se non immediata a causa dell’indirizzo e-mail da me utilizzato che certo non arrivava dritto dritto al destinatario auspicato.

 Gentilissimo, grazie della simpatica mail e dei preziosi ricordi… Molto volentieri risponderei alle domande per un’eventuale intervista, ricordando tuttavia che come funzionari pubblici non possiamo affrontare temi di attualità politica. Ma credo di capire che l’intervista potrebbe vertere invece più utilmente sul ruolo dell’Italia in Romania dal punto di vista economico e culturale. Appena riceverò le domande sarà mia premura riscontrarle. Con viva cordialità
Diego Brasioli

 Disponibile senza logorrea e da diplomatico navigato, dopo aver letto i miei quesiti (giudicati dall’ambasciatore “interessanti”) contenuti nella successiva e-mail (nella quale mi sono compiaciuto d’aver raggiunto “il fine ultimo, quello del contatto diretto”), il dott. Brasioli ha risposto esaurientemente agli spunti proposti, descrivendo con incisiva sintesi vari aspetti dell’attualità italo-romena.

PER MIGLIAIA DI ITALIANI L’AMERICA È IN ROMANIA

Imprenditori ma non solo: anche studenti e pensionati –
La “radice latina” un “sentire comune” –
Un Paese stabile, con ottimi rapporti con il Governo ucraino –
La minoranza italiana rappresentata con un deputato in Parlamento

D – L’interscambio con l’Italia dopo l'entrata nell'Unione Europea, nel 2007, della Romania: s’è stabilizzato, ha subito una flessione od un incremento?
R – L’interscambio, come s’evince dalla tabella riportata, s’è attestato oltre gli 11 miliardi di euro all’anno. La Romania continua ad essere un partner importante per l’Italia.

Interscambio Romania– Italia (in milioni di €)  INS Romeno

D – Il rapporto tra il Nordest d’Italia e l’area di Arad e Timişoara che, in anni più consoni, sembrava costituire un’appendice produttiva ed a buon mercato del Triveneto: è ancora un’opportunità od il “miracolo” sta tornando con i piedi per terra?
R – L’Italia è, da oltre 10 anni, il principale Paese investitore in Romania per numero di aziende registrate. Secondo i dati dell’Ufficio del Registro del Commercio, a dicembre 2014 erano registrate in Romania complessivamente 39.556 imprese italiane (pari al 20,32% del totale), di cui la metà circa attiva. Inizialmente, il mercato romeno aveva visto l’afflusso di piccole e medie imprese, cui si sono negli anni aggiunte grandi imprese e gruppi industriali italiani, tra cui su tutti ENEL, Tenaris, Prysmian, Pirelli. Tale quadro generale rimane valido anche per l’ovest della Romania, una zona in cui giunsero i primi imprenditori italiani e che, negli anni, ha visto affiancarsi, ai settori manifatturieri tradizionali, nuovi interessi, che spaziano dalle infrastrutture all’energia, senza tralasciare l’agro-industriale.
D – La radice comune latina: può costituire un rinnovato impulso a più stretti interscambi prettamente culturali od esiste una sorta d’ostracismo dettato sottobanco da una parte della Chiesa ortodossa romena o da rigurgiti di nazionalismo?
R – Non sono a conoscenza di sentimenti di diffidenza culturale legati a fenomeni di “nazionalismo” che investano i rapporti tra Italia e Romania. Invero, le strettissime relazioni culturali sono, insieme alla cooperazione economico-commerciale e al dialogo politico, il terzo pilastro del Partenariato Strategico Rafforzato Italia-Romania: un accordo internazionale che sancisce il reciproco, profondo interesse dei nostri due Paesi ad approfondire le già intense relazioni. La comune radice latina è proprio uno dei fattori facilitanti, una sorta di “sentire comune” che ci avvicina e permette un ricco scambio culturale. Per non parlare del fatto che l’italiano è lingua veicolare, conosciuta a tutti i livelli della società e studiata nei migliori licei e università del Paese.
D – La crisi Ucraina: ha avuto o può avere ripercussioni anche in Romania (ho scritto in articoli pubblicati di romeni in terra ucraina che hanno manifestato contro il governo di Kiev perché questi voleva farne “carne da cannone” nel Donbass)?
R – L’episodio che lei cita è talvolta stato ripreso anche dalla stampa romena, ma non abbiamo in realtà informazioni che vadano nel senso indicato. In generale, è chiaro che una destabilizzazione in un Paese vicino può avere ripercussioni, soprattutto se si considera che la Romania è il Paese UE/NATO che ha il confine più lungo con l’Ucraina. Questo spiega le prese di posizione molto dure assunte da questo Paese dall’indipendenza della Crimea, non riconosciuta dalla Romania – in linea con gli altri Paesi europei – alle sanzioni nei confronti della Federazione Russa. Detto questo, la Romania resta un Paese stabile che intrattiene ottimi rapporti con il Governo ucraino e che non teme per la propria sicurezza, né territoriale e né energetica (è praticamente indipendente sotto questo profilo). Infatti, in qualità di Paese membro dell’UE e della NATO, resta saldamente ancorato all’alleanza euro atlantica e inquadra i rapporti con i vicini dell’Est nell’ambito della Politica Europea di Vicinato che, nel caso specifico, prende proprio il nome di Partenariato Orientale, all’interno della quale sostiene in modo convinto il percorso europeo della Repubblica di Moldova.
D – A Verona, nei pressi della stazione ferroviaria di Porta Nuova, in viale Palladio, è in fase d'ultimazione la Chiesa di Sant’Elia il Tisbita accanto alla quale troverà posto anche il Centro sociale e culturale romeno della parrocchia ortodossa romena di "Santo Profeta Elia". L’area è stata ceduta dal Comune di Verona allo Stato romeno, con delibera approvata dal Consiglio comunale nel dicembre 2009. Come giudica un dato di fatto come questo, tendente a “cementare” ancor più sul territorio ospitante la folta comunità d’origine romena a Verona e nel Veronese? Le risulta paritario e rispettoso il rapporto confessionale con adeguati luoghi di culto per i cattolici (ricordo la chiesa italiana in Bulevardul Nicolae Balcescu, a Bucarest, proprietà dello Stato italiano)?



L’erigenda chiesa ortodossa romena di Sant’Elia il Tisbita, in viale Palladio, a Verona

R – L’esempio che lei menziona è solo uno dei tanti esempi di solidarietà e integrazione: potrei citare le numerose parrocchie cattoliche che ospitano, in certi orari, anche il rito ortodosso. È un dato di fatto che la comunità romena sia la più numerosa comunità straniera in Italia e sono personalmente orgoglioso di notare come essa si stia integrando nelle più diverse realtà italiane. Quanto alla comunità di romeni cattolici, essi hanno i propri luoghi di culto in Romania. La chiesa italiana di Bulevardul Balcescu, pur appartenendo allo Stato italiano, è data in gestione alla Diocesi di Bucarest. Le funzioni sono in romeno, mentre la cospicua comunità italiana di Bucarest può lì partecipare alla messa in italiano domenicale. La Romania è un Paese molto tollerante sotto il profilo religioso e l’attività di volontariato e di solidarietà resa dai religiosi cattolici, molti dei quali italiani, è grandemente apprezzata dalle comunità.
D – È possibile quantificare la presenza stabile (non quella dus-întors, in lingua romena, andata e ritorno) degli italiani a Bucarest e, più in generale, in Romania? Il trend è stabile, in calo od in aumento? Perché?
R – Gli iscritti italiani all’AIRE (Anagrafe italiani residenti all’estero) in Romania sono circa 5.350. Se si guarda al numero delle imprese registrate con titolari italiani od a partecipazione italiana, di cui circa la metà attiva, possiamo stimare una presenza più o meno stabile di circa 20-30.000 persone. La tendenza di arrivi di nuove imprese è stabile e non sembra essere stata influenzata dalla crisi economica. Con il tempo, la presenza italiana in Romania s’è diversificata ed oggi contiamo numerosi studenti italiani, anche Erasmus, che vengono a studiare in questo Paese attirati anche dalla facilità con cui s’apprende la lingua e dal costo della vita più basso rispetto all’Italia. Un altro trend, sempre legato al costo della vita, a fronte d’una qualità molto alta soprattutto nelle grandi città, riguarda il trasferimento in Romania di numerosi pensionati italiani.
D – Occupandomi da anni d’emigrazione italiana, mi sarebbero preziose delle notizie sulla comunità romena d'origine italiana, con persone che, in anni bui post secondo conflitto mondiale, magari sono state costrette a cambiar cognome, a rinnegare la propria nazionalità, a nascondersi: qual è la sua attuale dimensione statistica? Quanti di loro hanno riacquistato la cittadinanza italiana? A quale grado socio economico appartengono? Sono riuniti in associazioni?
R – In base al più recente censimento di ottobre 2011, in Romania vivono 3.203 romeni d’origine italiana. A Bucarest, vivono circa 430 romeni con origini italiane. La minoranza italiana è tra le poche diffuse in tutte le province della Romania (a differenza, ad esempio, della minoranza sassone, fortemente circoscritta). Non esiste una divisione sociale degli italiani d’origine, che occupano tutti gli strati sociali: dalla classe operaia (quella di partenza) fino agli intellettuali. Tale minoranza in Romania è rappresentata anche in Parlamento con un proprio deputato. In Romania esistono diverse associazioni che riuniscono persone d’origine italiana. Molte di esse sono raggruppate all’interno dell’Associazione degli Italiani di Romania (RO.AS.IT) che, al momento, conta più di 2.000 iscritti.

 

Ultimo aggiornamento Venerdì 10 Aprile 2015 21:45
 

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