IL VESCOVO DI TRIPOLI “PRONTO PER IL MARTIRIO” |
Notizie - Opinioni |
Venerdì 27 Febbraio 2015 15:06 |
Mons. Giovanni Innocenzo Martinelli s’intestardisce a restare in Libia nonostante l’Isis stragista “in casa” – In un’intervista-scoop del novembre 1985, la sua discussa opinione sul Raʾīs Gheddafi, rimasta salda anche dopo essere stato privato della libertà in piena crisi libico-americana dell’aprile 1986 Il francescano mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli, in Libia. Così, mons. Giovanni Innocenzo Martinelli dell’Ordine dei Frati Minori (francescani) e vicario apostolico di Tripoli, è tra i pochi italiani, se non l’unico, ripetutamente invitati a lasciare l’ormai simulacro di Stato e rimasti cocciutamente nel Paese nordafricano alle prese con una sanguinosa guerra civile (più che altro tribale) nel post Muʿammar Muḥammad Abū Minyar ʿAbd al-Salām al-Qadhdhāfī, noto semplicemente come Mu’ammar Gheddafi (Qasr Abu Hadi, 7 giugno 1942 – Sirte, 20 ottobre 2011). Alla cruenta lotta intestina in Libia s’è aggiunta l’avanzata dei terroristi islamisti dell’Isis, serissimo spauracchio non solo locale ma internazionale per l’incisività macina terreno dimostrata con plateale efferatezza e studiato propagandismo.
Mons. Martinelli col Papa emerito Benedetto XVI (al secolo Joseph Aloisius Ratzinger). La prefettura apostolica di Tripoli, eretta nel 1630, fu elevata nel 1894 a vicariato apostolico, denominandosi vicariato apostolico della Libia. È un’entità della Chiesa cattolica soggetta direttamente alla Santa Sede. Alla fine del 2010 raggrumava circa 150mila battezzati, cioè il 2,7% dei 5.500.000 abitanti. La diocesi include Tripoli ed ha una sola parrocchia, con la chiesa di San Francesco. Nel comprensorio, poi, sorgono 20 sedi di culto o cappelle mentre la vecchia cattedrale dedicata al Sacro Cuore di Gesù, edificata tra il 1923 ed il 1928, nel 1970 (poco tempo dopo il colpo di Stato militare che il 1° settembre 1969 causò la caduta della monarchia e portò al potere Gheddafi) venne forzatamente trasformata in moschea. Mons. Martinelli ama menzionare San Francesco anche in questi tragici avvenimenti: «Lo aveva detto: chi vuole andare tra i saraceni deve lasciare tutto». Saraceni poi musulmani. Anche integralisti. Come quelli che, incontrando il francescano in saio per le strade di Tripoli, hanno avuto la dabbenaggine di fermarlo e di rinfacciargli d’essere “contro l’Islam”. Proprio lui, nato in terra libica, per la precisione ad Al Khaḑrā', vicino a Tarhunah, il 5 febbraio 1942 da genitori d’origine abruzzese, Vincenzo e Maria. La famiglia tornò in Italia nel 1953 e si stabilì a Pozzo di San Giovanni Lupatoto, in provincia di Verona, dove Giovanni, dopo essere stato consacrato sacerdote il 28 luglio 1967, officiò la sua prima messa. I suoi commenti diplomaticamente abbottonati (ma non troppo) mi permisero di redigere un “pezzo” per il quotidiano “L’Arena” che, impaginato e titolato dal capo redattore in forza all’epoca (il noto giornalista e scrittore Stefano Lorenzetto, poi vice direttore vicario de “il Giornale”), fece scalpore per il parere decisamente inconsueto dell’autorevole fonte riguardo al Raʾīs di Tripoli. L’articolo uscì domenica 24 novembre 1985 con l’indovinato titolo “Un soldato di Cristo per il colonnello di Allah” ed ebbe perfino l’”onore” di locandine all’esterno delle edicole, “strillone” con il richiamo “Parla il veronese vescovo di Tripoli: «Gheddafi? Non è come credete voi…». E, in effetti, mons. Martinelli mi fornì una versione “alternativa” alla vox populi imperante, poi rimbalzata su altri canali informativi. Visioni soggettive a parte (comunque sgusciate da una realtà vissuta “sul campo”), mentre ci stavamo congedando s’avvicinò una francescana missionaria piemontese collaboratrice da più di sei anni di mons. Martinelli. Mi parlò dei meriti del neo vescovo nella riapertura di chiese e cappelle prima sprangate al culto. Effetto d’una paziente personalità toccata dalla Grazia che, forse in quegli anni, riuscì a scalfire perfino il duro Gheddafi, avviato verso lo stesso macello perpetrato ora dai massacratori del Jihād sbucati al balbettante (ed un tantino ipocrita e con la coscienza sporca) orizzonte dell’Occidente.
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