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VICENDA D’ORDINARIA FREGATURA.NELL’ITALIA… COSÌ COSÌ PDF Stampa E-mail
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Notizie - Miscellanea
Martedì 30 Settembre 2014 21:36

Un amaro caso dietro le quinte della cronaca (cosiddetta) minore, ha portato ad un faticoso, monco rimborso per “fantozziane” inadempienze della parte promittente venditrice
Quanti casi simili si verificano nel disinteresse o nel lassismo di chi dovrebbe comunque tutelare?
 
La legittima aspettativa d’un appartamento di proprietà è stata tradita da circostanze “strane” per un cittadino italiano qualsiasi (non importano i suoi dati, che ci sono, perché il fatto, reale, potrebbe non essere un… caso patologico) che già aveva versato una consistente caparra.
L’interessato ripercorre tutta la vicenda servendosi della copia della lettera, stilata sulla base d’una copiosa documentazione in suo possesso, spedita per ottenere la risoluzione del contratto preliminare di vendita condizionato, per chiare inadempienze della parte promittente venditrice.    
«Di recente avevo stipulato una proposta d’acquisto in scrittura privata – rievoca il “gabbato” – sottoposta a condizione sospensiva presso gli uffici di un’immobiliare incaricata alla mediazione e vendita per conto d’una società. La proposta d’acquisto riguardava un alloggio sito al secondo ed ultimo piano, con relativo sottotetto accessorio, più autorimessa e cantina. Il tutto rientrante in un’iniziativa Peep (Piano per l’edilizia economico popolare). Il prezzo complessivo offerto era di € 173.945. Per l’impegno assunto versavo in deposito fiduciario gratuito un assegno pari a € 5.000. Nella planimetria allegata veniva segnata a matita una prima modifica rispetto al progetto originalmente proposto, cioè l’eliminazione della parete divisoria tra soggiorno e scala d’accesso al sottotetto e lo spostamento in altra sede della stessa scala».
«In seguito, ricevevo una lettera che preannunciava quanto prima la convocazione per la stipula del contratto preliminare d’acquisto con la società proprietaria. Intanto, mi muovevo per dotarmi della cifra necessaria al primo versamento, pari a € 18.062 (cioè 17.367 + Iva). Non potendo usufruire d’un capitale vincolato in investimenti, ero costretto a chiedere un finanziamento personale pari a € 15.450 che, alla scadenza delle 36 rate previste, avrebbero portato alla cifra capitale + interessi di € 17.557».
«Alla data stabilita e sempre negli uffici dell’immobiliare – prosegue l’interprete della vicenda – veniva firmato tra me (parte promissoria acquirente) e l’architetto amministratore delegato e legale rappresentante (parte promittente venditrice) il contratto preliminare di vendita condizionato, con scrittura privata da valere ad ogni effetto di legge, dell’alloggio prescelto con relativo box e cantina. Mi veniva restituito l’assegno in deposito fiduciario gratuito di € 5.000 versato in precedenza ed io consegnavo all’architetto un assegno di € 18.062 a titolo di caparra e inizio pagamenti. La planimetria dell’appartamento con sottotetto era allegata e firmata dall’architetto e da me, secondo le modifiche progettuali. Poi, provvedevo al pagamento delle spese di registrazione del contratto relativo all’alloggio, pari a € 265».
«Concordato tempo dopo un appuntamento con il solito architetto nel cantiere della relativa area Peep, constatavo la grave difformità nella planimetria e metratura dell’appartamento per il quale era stato firmato il contratto preliminare di vendita: lo spostamento della scala d’accesso al sottotetto, la mancanza del soffitto del soggiorno/cucina corrispondente al relativo pavimento nel sottotetto. In pratica, l’intero assetto dell’appartamento con sottotetto era stato stravolto, riducendo la metratura disponibile ed apportando sostanziali differenze rispetto a quanto era stato stabilito nel contratto preliminare. Il tutto senza che qualcuno si fosse degnato d’informarmi o chiedermi un parere in merito facendomi trovare, di conseguenza, di fronte al fatto compiuto. Quanto descritto configurava rilevanti inadempienze contrattuali ed altro di ben più consistente, dato che avevo versato la caparra anche per la metratura del sottotetto poi mancante».
«In alternativa al mio rifiuto di proseguire i pagamenti (e, preciso, già in fase di reperimento finanziario allo scopo prima della “scoperta” della mutata planimetria dell’appartamento in questione) – s’inalbera l’acquirente “tradito” – per un alloggio diverso da quanto stabilito e firmato, m’era stato proposto un altro con sottotetto, in diversa ala del fabbricato, dotato d’una stanza supplementare, ma il costo risultava maggiore del precedente contratto. Infine, ero stato costretto a rifiutare anche l’ulteriore chance d’un appartamento senza sottotetto in una nuova palazzina, non ancora in fase di costruzione, perché non in sintonia con i miei obiettivi abitativi prefissati per determinate esigenze familiari».
«Le sgradevoli circostanze mi facevano crollare il rapporto d’elementare fiducia con la parte venditrice portandomi a pretendere la risoluzione del contratto preliminare di vendita, per esclusive inadempienze della parte promittente venditrice. Inoltre, chiedevo la restituzione di quanto versato a titolo di caparra ed inizio pagamento (€ 18.062), il rimborso delle spese di registrazione (€ 265), degli interessi fino a quel momento già corrisposti del finanziamento personale richiesto per l’esclusivo scopo (€ 1.387) e della relativa assicurazione obbligatoria (€ 450), cifre, queste ultime, che s’erano rivelate inutili e dispendiosi, considerato lo sviluppo della vicenda. Finanziamento personale che non mi sarei nemmeno sognato di chiedere se non avessi avuto precise assicurazioni su una precisa tipologia d’appartamento più sottotetto concordata e firmata (come da prime planimetrie). M’ero riservato di valutare anche la corresponsione degli interessi bancari sulla cifra versata a titolo di caparra ed inizio pagamento ed utilizzata esclusivamente dal venditore per propri fini edilizi».
«Com’è andata a finire la faccenda? – si domanda e si risponde lo stesso “danneggiato” suo malgrado – La mia richiesta di rimborso ed indennizzo non riceveva una solerte risposta dalla parte promittente venditrice. Solo dopo un mio sollecito venivo convocato nell’ufficio dell’architetto “tal dei tali”, in ore serali e dopo che la segretaria era uscita (senza nessun testimone del dialogo tra noi, quindi), riuscendo ad ottenere la restituzione della somma versata a titolo di caparra ed inizio pagamento e nemmeno un centesimo di rimborso delle spese di registrazione e degli interessi del finanziamento personale richiesto. Il “giochetto”, perciò, m’ha fatto dilapidare € 2.102. Senza contare gli illusori mesi d’attesa della costruzione dell’appartamento (come sancito dal contratto preliminare di vendita) ed il tono ironico e sufficiente dell’architetto. Oltre al danno, la beffa… E la noia, per il “professionista”, di dover metter sul mercato un appartamento rifiutato per pesanti inadempienze che rasentano (se non riguardano in pieno) il codice penale».
Il cliente? Non ha sempre ragione… Quanti altri casi del genere sono capitati (e capitano tuttora) in quest’Italia… così così? Domanda ovvia e non certo peregrina…

Claudio Beccalossi 

foto: blog-immobiliare.blogspot.com


 

 

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