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Notizie - Mondo
Lunedì 14 Luglio 2014 13:35

Sono più di tremila i ragazzi musulmani europei andati a combattere in Siria. Hanno attraversato un processo di radicalizzazione silenziosa tanto che nemmeno i genitori si sono accorti della loro trasformazione. Negli anni '80 e soprattutto '90, esistevano i reclutatori, persone particolarmente abili a capire le fragilità dei giovani e ad attrarli con i loro discorsi nelle trame del radicalismo, oggi, secondo ricercatori e psichiatri che si occupano del fenomeno, invece, il processo è indipendente e individuale. I ragazzi si estremizzano da "soli" e poi vanno in cerca di li chi può aiutare a "entrare nel giro". La radicalizzazione avviene attraverso internet, dove i ragazzi trascorrono ore ad ascoltare i discorsi di predicatori focosi e combattenti capaci di ipnotizzarli attraverso lo schermo.

 

Roshonara Choudhry, studentessa del King's College di Londra nel 2010 accoltellò un membro del parlamento inglese, Stephen Timms, per il suo sostegno alla guerra in Iraq. La ragazza non aveva legami con alcun gruppo organizzato, ma si radicalizzò da sola, passando intere giornate ossessivamente su internet ad ascoltare i discorsi del predicatore di al Qaeda nella Penisola Araba, Anwar al-Awlaki, ucciso due anni fa in Yemen da un drone americano.

"Tuttavia, nella maggior parte delle situazioni, la radicalizzazione avviene in piccoli gruppi", ci spiega Lorenzo Vidino, ricercatore al Center for Security Studies e lettore all'università di Zurigo - I soggetti hanno il primo contatto con l'ideologia jihadista attraverso parenti, amici o conoscenti occasionali. Inizia così un percorso interiore di ricerca e scoperta individuale condizionato da come il soggetto si relaziona all'ambiente circostante e con altri soggetti". 
Di solito predicatori estremisti, veterani di vari conflitti e web master di siti jihadisti agiscono come fattori radicalizzanti, esponendo ulteriormente all'ideologia jihadista soggetti che già ne sono simpatizzanti. "La radicalizzazione jihadista in Europa è, in sostanza, un processo che avviene dal basso verso l'alto – continua Vidino che ha presentato uno studio sull'estremismo musulmano in Italia - Anche se esistono eccezioni (network europei legati agli Shaabab (Somalia), che apparentemente conducono quello che può definirsi un vero e proprio reclutamento), esistono poche indicazioni di un piano organizzato da parte di gruppi jihadisti per reclutare musulmani europei".

In Europa i profili dei jihadisti includono criminali che vivono ai margini della società così come laureati che lavorano in alcune delle più prestigiose istituzioni del continente, oppure teenager e cinquantenni, convertiti, senza alcuna conoscenza dell'islam, e musulmani con diplomi in teologia islamica, donne e uomini. 

"Molti dei network jihadisti autoctoni osservati in Europa negli ultimi dodici anni dimostrano scarsi legami con le grosse moschee, non avevano, perlomeno all'inizio delle loro attività, alcuna connessione con gruppi jihadisti strutturati, e internet riveste un ruolo cruciale in tutte le loro attività, dalla radicalizzazione alla fase operativa".

Oggi vi sono migliaia di siti che disseminano la propaganda jihadista e permettono a simpatizzanti jihadisti di comunicare tra loro. Alcuni di questi siti sono gestiti direttamente da gruppi jihadisti o da soggetti legati a essi, ma negli ultimi anni si è registrata una fenomenale crescita di siti gestiti da soggetti senza alcuna connessione con essi. Il boom dei social network ha aumentato in maniera esponenziale la capacità per soggetti che non appartengono ad alcuna struttura formale, di accedere e disseminare propaganda jihadista tramite piattaforme interattive quali Facebook, Twitter, YouTube, Paltalk e Instagram. Se negli anni Novanta la maggior parte dei siti jihadisti parlava arabo o altre lingue extraeuropee, negli ultimi dieci anni sono cresciuti i siti in inglese e, in misura minore, in francese, tedesco e olandese.

Ma dall'essere interessati, dal pensarla in modo radicare a passare alla violenza il passo non è così scontato. "I percorsi che portano un aspirante jihadista alla militanza (unirsi a gruppi jihadisti all'estero) sono tre: viaggio solitario, viaggio facilitato e reclutamento".

IL VIAGGIO SOLITARIO. Il primo avviene quando una persona, indipendentemente da come si sia radicalizzata, non si avvale dell'aiuto di nessuno per entrare in contatto con al Qaeda o gruppi affiliati fuori dall'Italia. L'aspirante jihadista in questo caso lascerebbe il paese senza aver ricevuto alcun tipo di facilitazione logistica da parte di complici e stabilirebbe il contatto con il gruppo jihdista a cui cerca di unirsi senza che nessuno lo presenti  o raccomandi.

La maggior parte degli esperti di terrorismo considera il viaggio solitario un'eccezione. Nella maggior parte dei casi, aspiranti jihadisti europei riescono a unirsi a gruppi jihadisti al di fuori del continente perché qualcuno ha facilitato questo processo. Tali gruppi tendono a selezionare scrupolosamente i potenziali nuovi membri per paura di infiltrazioni e sono piuttosto restii ad aprirsi a soggetti di cui non possono verificare il background.  "I facilitatori sono individui che possiedono i contatti giusti con uno o più gruppi jihadisti e possono perciò garantire per gli aspiranti jihadisti europei. Spesso sono militanti di lunga esperienza che hanno combattuto in vari conflitti e stabilito solidi contatti con network sparsi per il mondo. Uomini carismatici e spesso più anziani, non "reclutano" nel senso tradizionale del termine, ma mettono in contatto i candidati europei con i gruppi all'estero. Le modalità con cui i facilitatori entrano in contatto con individui e nuclei, che in seguito mettono in contatto con i gruppi jihadisti, sono svariati. L'incontro può avvenire in moschea, in palestra, in un internet caffè o in un ristorante. Anche i vincoli sociali e di famiglia sono molto importanti, perché rinforzano il rapporto di fiducia. I facilitatori, non vanno in giro a reclutare nuovi militanti. Piuttosto è più corretto parlare di "scenari di opportunità". A meno che non optino per il viaggio solitario, gli aspiranti jihadisti europei sono in genere alla ricerca dell'aggancio giusto per recarsi all'estero per unirsi a un gruppo jihadista. Spesso lo cercano su internet, chiedendo e ricercando informazioni su chat room e forum. Ma la miglior ricerca è fatta di persona, in moschee, con una nota presenza radicale al loro interno, chiedendo a persone fidate o anche conoscenti occasionali dai noti trascorsi militanti. Il grado di coinvolgimento del facilitatore può variare. Alcuni possono limitarsi a dare consigli su come entrare nel paese o in quali posti recarsi per cercare di "agganciare" soggetti con legami con gruppi jihadisti. Ma i facilitatori possono assumere un ruolo molto più attivo, in particolare se hanno fiducia dell'aspirante jihadista. In tal caso possono fornirgli un numero di telefono del contatto giusto nel paese di destinazione, oppure una vera e propria lettera di raccomandazione da esibire alla persona giusta, oppure ancora organizzare direttamente un meeting per il soggetto con un membro del gruppo. In certi casi i facilitatori forniscono anche visti, documenti, biglietti aerei e soldi, rendendo il loro intervento simile a un vero e proprio reclutamento. 

LE QUATTRO PERSONALITA' Sono quattro le personalità di chi decide di votarsi al radicalismo, persone che vogliono capire chi sono, perché sono importanti, quale ruolo hanno nel mondo. Hanno un bisogno estremo di definire se stessi e al Qaeda lo sa meglio di chiunque altro. Chi decide, secondo gli esperti, di cominciare un processo di indottrinamento, ha un filo conduttore, che non è la classe, l'età o l'istruzione, ma la ricerca di qualcosa. L'abilità di Al Qaeda è di trasformare in violenza questo bisogno.

Sono quattro le categorie in cui ricadono questi ragazzi: i bisognosi di vendetta, i bisognosi di uno Status, di una identità e di avventura. Quando un giovane uomo ha superato la fase di reclutamento e passa a quella di indottrinamento, il suo ambiente cambia drasticamente. Viene isolato e la sua opinione del mondo viene completamente alterata. Non saranno più idonei a una normale deradicalizzazione dovuta solo grazie ad una influenza positiva, perché non riusciranno neanche a percepire un messaggio diverso, né saranno in grado di avere senso critico, fondamentale in un contesto libero. Inoltre, non sono ribelli che si oppongono al loro governo unendosi a gruppi militanti o movimenti separatisti. Il desiderio di lasciare il proprio paese, li distingue e li rende particolarmente pericolosi.

Il "bisognoso di vendetta" (30 per cento dei combattenti) cerca un modo per sfogare la sua frustrazione. Lui si percepisce come una vittima della società, nella sua logica, forze esterne causano la sua infelicità e gli impediscono di avere successo. Spesso non sa perché è così arrabbiato e cerca un motivo per esserlo. La sua rabbia può essere innescata da piccole cose, come problemi a scuola o in amore, fino a che non ce la fa più. Lo psicanalista Heinz Kohut la descrive come "rabbia narcisistica che ha bisogno di vendetta, di far diventare giusto quello che è sbagliato". Molti radicali intervistati in vari studi e ricerche, dicevano di essere arrabbiati per gli attacchi dell'occidente verso i musulmani, ma andando a fondo, si scopriva che erano soprattutto arrabbiati con membri della loro famiglia, in particolare i padri, o erano coinvolti in dispute di quartiere, prima di interessarsi ad Al Qaeda. Secondo l'esperto di cultura musulmana Marvin Zonis, le società arabe danno più rilevanza all'onore e alla dignità individuale che alla libertà individuale, e quando i principi di onore e dignità confrontano il devastante fallimento di molti stati mediorientali nell'affermarsi nel mondo, il risultato è una profonda e onnipresente umiliazione, e la rabbia diventa palpabile. Il bisogno di vendetta fa sì che un combattente straniero debba elevare la sua rabbia a tal punto da credere di poter fare qualcosa per mettere il mondo al suo posto e la propaganda di Al Qaeda fornisce un obiettivo e una direzione.

Il bisognoso di uno Status, invece, cerca di essere riconosciuto. Appartiene soprattutto a chi fa parte di una diaspora, persone che si stabiliscono in occidente. Credono che il mondo non li capisca o li apprezzi nello stesso modo in cui loro stessi si percepiscono. La frustrazione nasce dalle aspettative non realizzate che in un altro posto sarebbero invece riconosciute dalla comunità. Questo vale soprattutto per i neo immigrati in cerca di lavoro, o per gli studenti internazionali che si devono assimilarsi in un mondo che non manifesta lo stesso rispetto che avevano nei loro paesi natali. Il 25 per cento dei combattenti fa parte di questa categoria, persone che cercano di migliorare la loro presenza nella comunità o di dimostrare che esistono. L'islamofobia, il razzismo, la mancanza di fiducia dei paesi ospitanti, non fa che creare isolamento e senso di impotenza. A questo punto al Qaeda offre la leggenda dei martiri, la gloria, il rispetto che cercano.

"I bisognosi di un'identità" sono quelli che cercano posto al quale appartenere. Diversamente dai cercatori di uno Status che vogliono uscire dalla massa, questi vogliono assimilarsi in un'organizzazione definita. La forza e la stabilità di una personalità giace nella formazione di una identità soddisfacente e funzionale, e sentirsi parte di un gruppo è un bisogno fortissimo per un adolescente. Fa sì che ragazzi si uniscano a bande, a club di scacchi, a un gruppo musicale o ad al Qaeda. Queste persone hanno bisogno di una struttura, di regole e di una prospettiva che nasce dall'appartenere a un gruppo, perché appartenere li definisce nei loro ruoli, nelle loro amicizie, nella loro interazione con la società. Per loro al Qaeda, simbolo di affiliazione, è il miglior club esclusivo al quale unirsi e la maggior parte dei combattenti appartiene a questa categoria. L'ideologia di al Qaeda richiede obbedienza totale, impone ai membri come devono pensare, sentire e comportarsi. Queste regole chiare e la coerente visione del mondo affascina chi cerca un'identità perché è un semplici pacchetto dove si combina identità e ideologia. Un giovane uomo alla ricerca di una guida e di una direzione, ne trova in abbondanza con al Qaeda. Il contesto comportamentale e i principi guida forniti dall'essere affiliati al gruppo spiegano anche la cultura del suicidio e la violenza che esiste all'interno di una cellula di al Qaeda. Violenza e morte diventano la norma. Chiunque rigetti la violenza viene mandato via dal gruppo e perde i benefici che arrivano dall'appartenervici.

 Gli avventurieri, infine, sono la percentuale minore dei combattenti e si aggirano intorno al 5 per cento. Hanno una motivazione precisa rispetto ai loro compagni. Loro cercano l'eccitazione, vogliono provare che sono uomini sottoponendosi a sfide difficili e avventurose. Si annoiano a casa, di solito appartengono a una classe medio alta, non hanno interesse per gli affari di famiglia o in quello che percepiscono come una vita mondana che li aspetta. Sono attratti da videogiochi violenti, dalle storie dei veterani e sono impressionati dalla propaganda efficacie di Al Qaeda, che per loro rappresenta un marchio dell'orrore che promette violenza e gloria. Di solito queste persone abbandonano il movimento quando si rendono conto che la realtà è diversa dalla fantasia o quando non si ritrovano a fare quello che speravano. Spesso viene dato loro lavoro manuale fino a che non provano di essere affidabili. Essere messi a fare il cuoco o l'autista di sicuro non colma le fantasie di un avventuriero. D'altra parte al Qaeda è inizialmente sospettosa nei confronti dei nuovi affiliati per paura di qualche infiltrazione magari dei servizi segreti stranieri.


ilgiornale.it

REPORTAGE
di Barbara Schiavulli

 

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