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Notizie - Sport
Giovedì 10 Luglio 2014 07:09

Nel calcio non si chiede scusa
Mezzo mondo indignato con la Germania, perché sul cinque a zero contro il Brasile avrebbe potuto, forse dovuto, fermarsi. Ma è sbagliato

Giuseppe De Bellis - ilgiornale.it

Nel calcio non ci si ferma: 7 a 0? Se si può farne un altro, vai. L'unico codice morale non scritto sincero è quello dei cinici.

C'è mezzo mondo indignato con la Germania, perché sul cinque a zero avrebbe potuto, forse dovuto, fermarsi.

Ci si chiede: perché umiliare l'avversario che sta giocando in casa il Mondiale, che ha 80mila persone allo stadio distrutte e duecento milioni a casa annichilite? Alla fine del primo tempo i tedeschi avrebbero potuto accontentarsi. Invece no, hanno continuato, hanno giocato, hanno segnato, hanno esultato. Sì, esultato. Fa rabbia, ovviamente.

Ti fa venire voglia di dire: ma guarda questi. Sono come quelli che sparano su un corpo agonizzante. Quasi offensivi, quasi vigliacchi. Fosse la vita o qualche altra cosa sarebbe così. Ma questo è calcio e nel calcio a volte le regole s'invertono. Perché provate a immaginare il contrario: cioè se la Germania fosse entrata in campo e avesse cominciato a fare il torello. Una serie di tocchi di due metri, io passo a te, tu la ripassi a me, io la do a quell'altro. Ciò che di solito negli stadi è scandito con gli «olè» del pubblico e che lì a Belo Horizonte sarebbe stato sommerso o dai fischi o dal silenzio più cupo del mondo. Ci saremmo trovati oggi a dire che quella era un'umiliazione peggiore del numero dei gol infilati nella porta del Brasile. Ed è vero: meglio il cinismo di un finto buonismo, meglio la cattiveria della falsità. Ti salvo dalla vergogna, ma intanto te ne ho infilati cinque e quindi la vergogna comunque ce l'hai.

No, meglio come è andata. Più giusto così. Chi si ferma è più cattivo di chi infierisce. Lo sport cieco è quello più sano: devo distruggere il mio avversario. Chi scende in campo lo mette in preventivo: può capitare a te, può capitare a me. L'agonismo prevede l'annientamento dell'avversario: non ci si ferma per pietà, perché su un campo di calcio, di tennis, di pallavolo, in una piscina, la pietà per il rivale è un'offesa al rivale stesso.

L'umiliazione non è questa, sinceramente. L'umiliazione è arrivata dopo, ieri, quando i tedeschi hanno parlato: «Onore al Brasile», «merita rispetto», «ci dispiace». Come dare un cazzotto e poi dire scusa. Ma per favore. È ipocrita, falso, doppio. È stonato. Se c'è una vendetta che può chiedere il Brasile non è per i sette gol, ma per i tweet del giorno dopo. Se duecento milioni di brasiliani fanno il tifo contro i tedeschi è per questo. E non sono i soli.



 

 

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